CONTINUIAMO A FAR MATURARE LE COSCIENZE.
Per entrare in riflessione leggete questo racconto emozionante di un’ Italia ormai scomparsa pubblicato da Eraldo Pecci
“A metà degli anni Sessanta c’era lavoro, crescita, ottimismo. La gente lavorando acquisiva certezze e benessere. Ci si costruiva la casa, si comprava prima la Vespa e poi la si cambiava con l’auto, il frigorifero, la televisione. E d’estate si cominciava a potersi permettere la vacanza in riviera. Noi abitavamo al mare e, visto che arrivava gente, ci organizzavamo per accoglierla. Quei tre mesi di lavoro erano detti “la stagione” ed era normale che si iniziasse a farla anche da bambini.
Io cominciai nel giugno del 1965 quando avevo da poco compiuto dieci anni. Barista con mio fratello Maurizio. Lui era “grande”, di anni ne aveva ormai quattordici. Orario di lavoro dalle 8 alle 13 e dalle 19 alle 22.30-23. Cento o centocinquanta lire al giorno, non ricordo bene, la paga. Mi sentivo utile e importante. Anche se mi ci voleva la cassetta vuota della Coca-Cola sotto i piedi perché altrimenti non arrivavo all’altezza giusta per fare i caffè o per disporre le cose sul bancone. Riempivo i frigoriferi tutte le sere prima di andarmene, controllavo le cose da ordinare ai fornitori, preparavo piattini, tazze, cucchiaini, bicchieri, zucchero, nei vassoi che i camerieri avrebbero solo dovuto portare per servire i clienti. Pulivo e lucidavo le mensole con su gli alcolici e gli amari, davo lo straccio e preparavo tè, camomille e perfino cocktail. Si iniziava da apprendisti e grazie all’aiuto e alla pazienza dei più grandi in poco tempo si apprendeva davvero.
Che bello era, ogni tanto, ritrovarsi con gli amici, che lavoravano a loro volta, a mangiare una pizza e pagare il conto con le mance guadagnate! Che bello era conoscere gente di ogni parte d’Italia e d’Europa! Imparare parole di altre lingue. Avere le chiavi di casa in tasca e l’impressione di non pesare sugli altri. E tutte le notti depredare il frigorifero e lasciare comunque qualcosa a Maurizio se rientrava dopo, come lui faceva con me se rientravo più tardi io. Qualunque fosse la sequenza, il mattino la mamma trovava regolarmente il frigo vuoto. Bei tempi, belle sensazioni.”